Un punto di osservazione sicuramente interessante quello di Laura Broglio, che da giovanissima è salita per la prima volta su un camion e non è più scesa. Ci racconta luci e ombre di una professione che ama molto e che continua a darle grandi soddisfazioni anche se non è sempre facile e bisogna trovare il giusto equilibrio.
“Come donna appassionata del proprio lavoro, ma anche mamma e moglie di un marito che fa la mia stessa professione e ha un’azienda propria, mi trovo nella condizione di poter osservare il settore da diversi punti di vista. Da una parte vedo le difficoltà delle aziende di autotrasporto a farsi valere nel mercato perché hanno margini irrisori rispetto ad altre aziende, dall’altro il disagio dei lavoratori che vorrebbero di più in termini economici, ma anche dal punto di vista della qualità della vita, quindi maggiore flessibilità di orari, migliori servizi lungo le strade. Oggi stanno cambiando molte cose, ci sono donne al volante di camion che pesano molte tonnellate, all’autista, più che forza fisica, si richiedono qualità e competenze più articolate e la figura dell’autotrasportatore si è molto evoluta, ma c’è tanto ancora da fare”.
Non si può negare che rispetto ad altri lavori ci siano delle difficoltà maggiori, specialmente per una donna che non vuole rinunciare alla famiglia, ma Laura non rinuncerebbe mai a guidare e, dopo una pausa forzata di tre anni per stare accanto al suo bambino, poco più di un anno fa è ritornata al volante perché “guardare il mondo da due metri di altezza è un’esperienza unica”.
“Penso sia importante ‘raccontare’ questo mestiere, facendo emergere gli aspetti positivi, ma anche quelli più spigolosi: parlarne sicuramente è un primo passo verso il cambiamento per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni. Bisognerebbe trovare il modo di adeguare gli stipendi consentendo agli autotrasportatori di avere maggiore peso contrattuale all’interno della filiera, creare percorsi di carriera e prospettive di crescita che ancora troppo spesso mancano, dare l’opportunità alle donne di non dover scegliere tra il lavoro e la maternità consentendo, per i primi anni di vita del bambino, di godere di orari e modalità di lavoro più flessibili. Detto questo, fare il trasportatore è bellissimo, ci porta ogni giorno a stare in mezzo alla gente, richiede una formazione specializzata perché i mezzi moderni sono molto tecnologici, ma sono necessarie anche le soft skills perché l’autista è il ’biglietto da visita’ di una azienda e deve sapersi interfacciare con personalità e ruoli diversi e avere la flessibilità giusta per risolvere i problemi che si presentano di volta in volta, dai più piccoli ai più complessi”.
Nell’immaginario collettivo il settore è tipicamente maschile, anche se la presenza femminile sta a poco a poco aumentando, grazie alle tecnologie di bordo che facilitano la guida e non richiedono più l’uso di molta forza fisica. Cosa vuol dire allora essere un autista donna?
“Sono sempre stata accolta bene dai colleghi maschi, senza nessun pregiudizio. Una volta che dimostri di saper fare il lavoro, questo è quello che conta e non importa che tu sia uomo o donna. Anzi, penso che una maggior presenza femminile possa essere molto costruttiva perché possiamo portare un punto di vista nuovo e differente. Siamo più propense per natura a ’vedere’ aspetti del lavoro che gli uomini non rilevano e questo è importante quando c’è bisogno di innovare e cambiare le cose”.
Un settore che sta sicuramente evolvendo e che può essere una interessante alternativa per i giovani che stanno cercando una strada e devono orientarsi nella scelta di una professione. “Il mio consiglio ai ragazzi è di non lasciare nulla di intentato, di essere sempre curiosi di provare nuove strade. Fuori dai percorsi più convenzionali ci sono mondi bellissimi che aspettano solo di essere esplorati”.
Per scoprire di più sull’emozione di guidare un camion e sul mestiere di autotrasportatore, ma anche per provare i mezzi in prima persona l’appuntamento è a Transpotec Logitec dall’8 all’11 maggio 2024 a Fiera Milano.
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